“Abbiamo usato il francobollo e il marchio postale con le date significative di questo progetto e lo slogan nonché la sigla ‘BG’ per dire che noi della Bottega grafica del carcere minorile vogliamo esserci per davvero”

di Christine Gaiotti, Bottega grafica* 

IMG_1366«Che cosa possiamo fare noi?». Fu la prima domanda.
E poi: «A chi interessa che facciamo qualcosa?».
«Questa scuola assomigliava alla mia – disse Aymen – ma non mi è mai passato per la testa che si potesse rimediare, non mi è mai passato per la testa che a qualcuno potesse interessare e nessuno me l’ha detto, sai prof? Io da grande voglio fare l’insegnante e voglio insegnare che studiare è bello e ti cambia la vita, farlo in un posto bello ti fa venire più voglia di farlo anche a chi non ne ha tanta». Perché la scuola dovrebbe essere «la chiesa del sapere, il riferimento della città. Perché è lì che si crescono le persone, e lì che gli orizzonti si allargano».

«Allora hai risposto alla seconda domanda» dissi a Aymen.
Rimaneva la prima. «Noi possiamo solo metterci la testa e i sogni, non le mani». E cosi è stato.
Dopo aver sentito la storia raccontata da Paolo Bianchini di Alveare Cinema, visto il film ‘Il sole dentro’ e conosciuto il progetto ‘SoS scuola’, divenne inevitabile non pensare a Yaguine e Fodè, al loro messaggio e al loro progetto. Inevitabile pensare che non potevamo lasciar perdere.

I ragazzi che stanno in un carcere sanno perfettamente cosa vuol dire essere dimenticati, inascoltati. Alcuni di loro sanno esattamente cosa vuol dire avere un progetto di vita che poi si tramuta in progetti altrui con scopi contrari anche alla loro natura. Da qui la decisione di fare qualcosa che potesse recare il senso originario, ecco perché nella creazione del logo abbiamo ricordato Yaguine e Fodè, mettendoli in un piccolo aereo destinato a portare la loro lettera e il loro sogno in tutto il mondo. Abbiamo usato il francobollo e il marchio postale con le date significative di questo progetto e lo slogan nonché la sigla “BG” per dire che noi della Bottega grafica del carcere minorile vogliamo esserci per davvero.

«Non è la cosa in sé, ma il gesto che fa la differenza» intervenne Luca.
«Si è vero – feci io con aria saccente – qualcuno la chiama economia relazionale», cioè il bene che le persone traggono dalle relazioni e che diventa produttore di felicità, di creatività e di intelligenze
astrattive che poi a loro volta diventano strumento di nuova formazione, sostentamento e imprenditorialità.
«Allora possiamo farlo anche qui da noi?» chiese Aymen.
«Certo che possiamo!».

*Responsabile del laboratorio ‘Bottega grafica nell’Istituto penale minorile di Treviso